Lucio Battisti e Giulio Rapetti maggio 1970
Battisti e Mogol un’avventura a cavallo nel 1970
Negli anni ’70, un periodo caratterizzato da profondi cambiamenti sociali e culturali, Lucio Battisti (cantautore italiano) e Giulio Rapetti noto come Mogol (scrittore italiano di testi di canzoni), si trovavano al culmine della loro carriera musicale. Tuttavia, per allontanarsi dalla frenesia della vita cittadina, i due artisti decisero di intraprendere un’avventura unica: un viaggio a cavallo da Milano a Roma. Questo percorso rappresentava una ricerca di contatto autentico con la natura, un’opportunità per riflettere e ricollegarsi alle radici. Il legame che avrebbero stretto con il cavallo gli avrebbe permesso di approfondire la loro ricerca interiore.
Il cavallo che spesso raffigura forza, libertà, maestosità, si erge come un simbolo di purezza e bellezza. I caratteri distintivi di questo nobile animale hanno ispirato e continuano ad ispirare artisti, poeti e sognatori.
L’idea di questo viaggio è emersa in un contesto di fermento artistico, dove il desiderio di libertà si manifestava in molteplici forme, dall’arte alla musica, fino all’impegno sociale.
Questo viaggio si prefiggeva ulteriori obiettivi, dai quali emergeva un interesse genuino nei confronti della cultura e delle tradizioni italiane, che si stava sempre più perdendo. Attraversare le varie regioni italiane in sella a un cavallo permetteva ai due creativi di immergersi in paesaggi tipici e di interagire con la popolazione locale.
Questa avventura fu pertanto un modo per scoprire il paese e soprattutto per raccogliere ispirazione, che si sarebbe poi tradotta in nuove opere musicali e letterarie. È importante sottolineare che quest’esperienza sarebbe diventata una parte integrante della loro essenza artistica, contribuendo significativamente alla loro eredità musicale.
Metafora di un viaggio interiore
Durante gli anni ’70, l’Italia era caratterizzata da cambiamenti sociali e culturali significativi che influenzavano profondamente la vita delle persone. Lucio e Mogol, sentirono la necessità di allontanarsi dalla frenesia della vita urbana. Questa voglia di evasione nasceva da una ricerca di esperienze autentiche e significative che potessero nutrire la loro creatività.
Fuggire dal caos delle città esprimeva un bisogno di riflessione e introspezione, un’occasione per ritrovare il contatto con la natura. L’idea di intraprendere un viaggio a cavallo, un animale che richiede sensibilità, pazienza e connessione, rappresentava per loro un modo per allontanarsi dal ritmo accelerato della società contemporanea, abbracciando invece una vita più semplice e genuina. L’atto di cavalcare, tra l’altro, simboleggiava una sorta di liberazione e una ricerca di autenticità, elementi essenziali per il loro processo creativo.
Inoltre, affrontare la sfida di un viaggio in sella ad un animale così sensibile ed istintivo significava mettere alla prova capacità, resistenza fisica e feeling. Battisti e Mogol, consci delle difficoltà che un’esperienza di questo genere comporta, si trovavano in un momento cruciale della loro carriera. Il viaggio non era solo un’escursione, ma anche un’opportunità per riaffermare sé stessi e per fare i conti con le proprie paure e insicurezze.
Il Viaggio a Cavallo: Itinerario e Tappe
Questa esperienza rappresenta ancora oggi un’avventura unica, non solo perché a percorrere quei chilometri a cavallo furono due noti artisti, fu singolare soprattutto per il suo svolgimento: in sella per una distanza di 600 km, da Milano a Roma, in venti tappe, con alcune direzioni decise sul momento.
All’epoca, l’itinerario era molto più flessibile rispetto ai giorni nostri; le strade da percorrere erano numerose, con l’urbanizzazione molte si sono perse. Infatti, Lucio racconta: “A cavallo le strade sono diverse, tutto è diverso in questa Italia semisconosciuta che frughiamo lentamente giorno dopo giorno. Percorriamo sentieri in mezzo ai boschi, stradine polverose, viottoli di montagna e spiagge. A volte, ma è raro, incontriamo una striscia d’asfalto…” Lucio Battisti (Dal suo diario di viaggio pubblicato su Tv Sorrisi e Canzoni, 1970).
Il ritorno alla natura di Battisti e Mogol
Cinquantacinque anni fa nel mese di maggio, i due decisero di vivere questa avventura, su consiglio di Mogol, in parte per sfuggire alla frenesia della vita quotidiana e in parte per riavvicinarsi alla natura e al contatto con gli animali. “Lo spirito è quello di provare a noi stessi che possiamo farcela, e quello di godere senza preoccupazioni di un vero contatto con la natura, per curarci un po’ delle malattie della nostra vita di lavoro, caratterizzata dalla fretta e dall’angosciante corsa contro il tempo”.
Lucio non sapeva cavalcare e si sarebbe quindi adattato per amicizia nei confronti di Giulio, il quale aveva già accumulato molte ore in sella e desiderava condividere quell’esperienza con lui. “Fu un gesto di amicizia nei miei confronti: gli chiesi di accompagnarmi. Non sapeva andare a cavallo, ma imparò presto, come faceva sempre. Aveva una mente matematica, a differenza della mia, e insieme ci integravamo abbastanza”, raccontò Rapetti.
Famiglia Moyersoen
Lucio e Giulio intrapresero un periodo di equitazione molto intenso prima di partire, per circa qualche mese, dedicando tre ore al giorno all’allenamento. Ogni pomeriggio uscivano in passeggiata per prepararsi ad affrontare diversi livelli di difficoltà. Andarono a montare nella scuderia “Cascina Longora” nel pavese, appartenente alla famiglia Moyersoen. Furono due allievi diligenti e volenterosi; oltre ad essere seguiti da Albert, anche i figli Filippo e Francesca li accompagnarono negli allenamenti e durante il viaggio.
Albert racconta: “Mogol possedeva già un cavallo e quindi sapeva montare. Battisti, invece, partiva da zero. Dopo due giorni, però, era già in grado di galoppare. Aveva instaurato un feeling particolare con il cavallo. Una delle prime volte che venne qui alla Cascina Longora per esercitarsi, c’era anche sua madre. Si sorprese quando scoprì che suo figlio sapeva cavalcare” (© 2008, da “Lucio Battisti. Due ragazzi attraversano l’estate”, Sperling & Kupfer editore).
Pinto e Ribatejo
Percorsero all’incirca 30 km al giorno in tre settimane, accompagnati dai due lusitani Pinto e Ribatejo, un grigio ed un pezzato bianco e marrone. Oltre a Francesca e Filippo, i due avventurieri avevano anche un Land Rover con roulotte annessa, che utilizzavano per perlustrare il territorio in cerca di appoggi per dormire, mangiare e maneggi dove sistemare i cavalli.
Si trattava quindi di un’ardua sfida e ne risultarono molti inconvenienti, come vesciche al sedere dopo tre giorni di viaggio; persone che non li riconosceva, perché Lucio si era tagliato i foltissimi capelli, che di certo lo caratterizzavano; diffidenza perché, a quei tempi, le roulotte erano associate agli zingari. E finivano per essere allontanati. Non mancavano comunque le persone che li riconosceva accogliendoli con grande amicizia.
Dinamica del Rapporto tra Battisti e Mogol
La collaborazione tra Lucio e Giulio ha rappresentato uno dei capitoli più significativi della musica italiana degli anni ’70. La loro amicizia, radicata su un profondo rispetto professionale e personale, è stata fondamentale per il successo delle loro opere. Battisti, con la sua ineguagliabile capacità melodica e la sua interpretazione emozionante, ha trovato in Mogol un paroliere in grado di tradurre le sue intuizioni musicali in testi evocativi e poetici.
Tu chiamale se vuoi Emozioni
Un aneddoto significativo riguarda la creazione di brani iconici come “Emozioni”. Si racconta che questa canzone sia nata durante una passeggiata in campagna, quando Battisti cantava alcune frasi melodiche che Mogol, colpito dall’atmosfera, ha immediatamente tradotto in parole. Questi momenti di ispirazione spontanea hanno consolidato ulteriormente il loro legame e hanno dato vita a brani che sono diventati parte integrante della cultura musicale italiana.
La dinamica del loro rapporto non è stata solo creativa, ma ha anche consentito di esplorare le tensioni e le aspirazioni personali di entrambi. Battisti e Mogol, pur provenendo da contesti diversi, hanno trovato nella loro partnership un rifugio sicuro. La reciproca fiducia ha permesso loro di esprimere emozioni profonde e di affrontare temi complessi, amplificando il loro messaggio musicale e l’impatto sulla scena culturale dell’epoca.
In questo contesto, la loro avventura può essere vista come una metafora del viaggio interiore, in cui la ricerca di sé e di un’identità autentica diventa fondamentale.
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